Un gentiluomo non conosce altri padroni che Dio, l’onore, la patria e il suo Re. Possiamo immaginarci un nobile al servizio di un plebeo, possiamo immaginarci un nobile che diventa apprendista di un qualsiasi lavoratore? La risposta è no! Che vergogna! […] Se permettessimo ai nobili di lavorare, avremo dei gentiluomini commercianti che da poveri che erano, potrebbero diventare ricchi. Ma chi difenderà la patria contro i vostri nemici? L’onore, base delle cose militari, non si accorda con l’interesse del commercio. Può essere che un uomo cresca imparando solo le differenze dei campi, dei prezzi e delle derrate alimentari, di profitti e perdite: ma può quell’uomo essere capace di creare un progetto per una campagna di guerra, di disporre le truppe, di assediare una piazzaforte o difenderla? […] Se i nobili si dedicano alle attività produttive ci troveremo allora con una Nobiltà militare, con una Nobiltà commerciale, una Nobiltà coltivatrice… ci resterà soltanto da formare una Nobiltà manifatturiera, e tutto sarà nobiltà; vale a dire che essa non esisterà più. Lo stato incomincia a disgregarsi nel momento in cui i ruoli cessano di essere distinti gli uni dagli altri, quando si mescolano, si confondono, si assorbono l’uno dentro l’altro.