Il cinque maggio, A. Manzoni
Egli, Napoleone, non c’è più, è morto.
Come il suo corpo senza memoria, dato l’ultimo respiro, rimase immobile, privo di una così grande anima, così la terra rimase scossa e incredula alla notizia della sua morte,
pensando in silenzio all’ultima ora dell’uomo che ha segnato il destino;
e non sa quando una simile impronta di piede d’uomo verrà a calpestare la sua polvere insanguinata.
La mia arte lo vide trionfante sul trono e non si espresse;
quando, con continui cambiamenti di sorte, fu sconfitto, tornò grande e fu piegato definitivamente, non ha mischiato la sua voce al suono di mille voci:
ora il mio genio poetico si risveglia commosso davanti all’improvvisa scomparsa di un raggio così luminoso; e innalza sulla tomba un canto che forse non morirà mai.
Dalle Alpi alle Piramidi dalla Spagna alla Germania, ogni progetto di quell’uomo mai esitante era seguito dalla sua realizzazione; il suo impero si estese dal Sud Italia, alla Russia dal Mediterraneo all’oceano.
Ma è stata una gloria vera? Lascio a chi verrà dopo di me la difficile decisione: noi ci inchiniamo a Dio, l’Alto Creatore, che volle imprimere in Napoleone un’impronta gigantesca del suo spirito creatore.
La gioia tempestosa e trepidante di un grande progetto, l’ansia di un animo che, indomabile, obbedisce, pensando già al comando; e raggiunge e ottiene un riconoscimento in cui era folle sperare;
egli sperimentò tutto: la gloria, più grande dopo il pericolo, la fuga e la vittoria, il regno e il pesante esilio: due volte fu sconfitto (a Lipsia e Waterloo), due volte tornò sul trono. Egli si proclamò imperatore: due secoli, il ‘700 e ‘800, così diversi tra di loro, sottomessi si volsero a lui, come aspettando la sua decisione sul loro destino;
egli impose il silenzio e si sedette in mezzo ai due secoli come arbitro.
E scomparve, e finì i suoi giorni nell’ozio, in un’isola così piccola (Sant’Elena), guardato con grandissima invidia e con profonda compassione, con odio implacabile e con amore spassionato.
Come sulla testa del naufrago si abbatte l’onda, la stessa onda su cui poco prima scorreva lo sguardo del poveretto, alto e proteso ad avvistare invano una spiaggia;
simile scese su quell’anima la grande quantità di ricordi!
Quante volte cominciò a raccontare di se stesso e sulle pagine destinate a durare eternamente si posò la sua mano stanca! Oh, quante volte, al silenzioso terminare di un giorno ozioso, chinati gli occhi lampeggianti, incrociate le braccia sul petto si fermò e l’assalì il ricordo dei giorni passati!
E ripensò agli accampamenti sempre spostati, alle trincee colpite, e al lampeggiare delle armi dei soldati, all’assalto della cavalleria, agli ordini concitati e all’immediato ubbidire.
Forse il suo animo spossato si lasciò andare ad uno dolore così grande e si disperò;
ma giunse dal Cielo una mano forte e, mossa a compassione, lo trasportò in un’atmosfera più serena; e lo fece riposare, attraverso i fiorenti sentieri della speranza, ai luoghi eterni, in Paradiso, che supera tutti i desideri dell’uomo, dove la gloria terrena, ormai passata, è dimenticata, non conta più.
Bella immortale! Fede portatrice di bene, che sei abituata ai trionfi!
Scrivi anche questo trionfo, rallegrati; perché nessun uomo più grande di Napoleone si è mai chinato ad adorare la disonorante Croce.
Tu, Fede, dagli stanchi resti mortali, allontana ogni parola cattiva; quel Dio che fa disperare e fa risorgere, che dà dolore e consolazione, sul letto di morte abbandonato da tutti, riposò accanto a lui.